“Too big too fail” da eccezione a tossica assuefazione
Piazza Affari subisce la zampata dell’orso, chiude una settimana come non si vedeva da tanto, precisamente -6,55% dovuta soprattutto alle vendite massicce del comparto bancario e finanziario.
La situazione non è degenerata solo perché sono intervenute le banche centrali a fare da prestatori di ultima istanza, di concerto con altri colossi bancari per garantire la liquidità alle banche estere in difficoltà.
Doppio clamore: invece di fare QT come da programma, dietro front e si torna al QE, inoltre il sistema bancario può fare tutte le porcate che vuole, tanto c’è sempre la “mamma banca centrale” di competenza che tende l’aiuto incondizionato.
Questo messaggio è inequivocabile: chi è nella stanza dei bottoni fa i propri porci comodi e scarica le responsabilità delle loro scellerate scelte sui cittadini che subiscono la tassa sui poveri (inflazione) fuori controllo, lasciando passare il frustrante messaggio che la rettitudine e l’onestà non pagano.
Verrebbe da considerarlo a tutti gli effetti un “sistema Ponzi” orchestrato sotto traccia e alla bisogna, per evitare a tutti i costi che il vaso di Pandora venga scoperchiato (i greci furono i maestri precursori nel descrivere i sentimenti e le azioni dei mortali, specie in chiave negativa https://it.wikipedia.org/wiki/Vaso_di_Pandora). Purtroppo il discorso si potrebbe allargare a molte altre situazioni sociali, ma meglio tagliare il discorso e rimanere nell’ambito circoscritto agli investimenti.
L’impressione è che non sia finita qui, bensì si tratti solo dell’inizio di un difficile periodo economico finanziario, in cui le regole scritte non saranno garanzia di applicazione senza eccezioni. Verosimilmente ci sarà sempre la possibilità delle istituzioni di applicare autonomamente ed insindacabilmente l’eccezione, disponendone più per coprire le magagne in stile “too big too fail” che non per necessità esistenziale.
Un esempio vale più di tante parole: il risparmiatore Tizio vive di pensione, ha accumulato un capitale nel tempo che ha depositato in banca, per prudenza ha fatto un pronti contro termine (investimento a breve in cui la banca garantisce con sottostanti BTP capitale a scadenza e interessi predefiniti).
Tutto tranquillo e indiscutibile?! Non proprio, perché possono succedere due eventi che smontano in un battibaleno le clausole del contratto: l’ipotesi A è che la banca abbia una crisi di liquidità per mancato rinnovo e riscatto contestuale di una piccola percentuale (7-10%) dei clienti depositanti, tale per cui il risparmiatore non possa disporre dei propri soldi a scadenza (prima potenziale eccezione alla regola). L’ipotesi B è che l’emittente Stato italiano si appelli alla clausola CACS e modifichi i termini del BTP sottostante all’investimento in pronti contro termine per poter pagare la pensione, visto che l’INPS è in crisi di liquidità (seconda possibile eccezione alla regola).
Ecco che a pensar male si fa peccato, ma attenzione che la partita in gioco riguarda i propri risparmi e “ma io non avrei mai pensato che…” spiacenti, non vale! Sintetizzando quanto successo al MIB40, 25.500 è un livello che unisce le ex resistenze di primaria importanza ed ora fungono da supporto, con possibili sforamenti intorno a 25.000.
Un possibile scenario a breve chiamerebbe un rimbalzo giusto per far riprendere il settore bancario/finanziario ed energetico che hanno preso delle legnate mica da ridere, mentre le utilities hanno retto il contraccolpo in settimana in qualità di titoli difensivi.
Il 22 si pronuncerà la Fed che sicuramente applicherà una riduzione (eccola lì l’eccezione!) dell’aumento dei tassi da 0,5 come programmato a 0,25 o meno. Dopodiché un proseguimento del recupero sarà da interpretare non tanto come la fine dello storno, ma piuttosto un pullback per rinvigorire la sferzata ribassista successiva che potrebbe concretizzarsi verso l’estate.
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