Si schianta l’obbligazionario, sale lo spread
Il MIB40 archivia una settimana in leggera flessione in un contesto di dati molto significativi provenienti dall’economia reale, chiude a 28.250 con mezzo punto di negatività. La stagionalità in tendenza ribassista si conferma anche stavolta, tenuto conto che si scende dai massimi di fine luglio da ben 2 mesi, tra alti e bassi, quindi una discesa molto composta, sana e al momento non preoccupa affatto. Al contrario, preoccupa lo schianto dell’obbligazionario che in poche sedute frantuma i vecchi supporti di prezzo e in relazione inversa le resistenze di rendimento, con il BTP decennale che sfiora il 5% di rendimento.
Le cassandre vociferano già un obiettivo al 7% pertanto nell’immediato è un buon segno per un rimbalzo, mentre se si confronta l’andamento dell’obbligazionario globalmente, più o meno tutti viaggiano all’unisono e questo rafforza l’idea che non c’è ancora un “problema Italia”. È pur vero che lo spread ha raggiunto i 200 punti base, differenziale con il Bund tedesco, pertanto un superamento di questo livello cambierebbe la narrativa dell’obbligazionario, specificamente per il governo Meloni, non ultima l’affermazione di venerdì del ministro dell’economia Giorgetti che mette già le mani avanti: “Situazione economica delicata, servono scelte difficili”. Il riferimento in parte è rivolto proprio all’impennata dei tassi d’interesse, che comportano un costo del Debito Pubblico enorme rispetto agli anni del QE, ancor peggio, il fatto che chi ha contratto debiti a tasso variabile si trova una rata raddoppiata e ciò comporta una prospettiva devastante che ricadrà nei mesi a venire non solo per le morosità dei clienti, ma anche per le banche creditrici che avranno problemi con l’aumento dei crediti inesigibili.
A questo si aggiunga che meno reddito da spendere perchè risucchiato dalle rate di finanziamento comporterà meno consumi e in un contesto di prezzi al rialzo e stagnazione dell’economia, il cui termine tecnico è stagflazione, è la peggiore delle condizioni economiche. Le banche centrali anche negli ultimi speech hanno sostenuto l’intenzione di mantenere alti i tassi per tutto il tempo necessario, quindi più a lungo del preventivato e rimandando a data da destinarsi qualsiasi taglio dei tassi, tanto da ipotizzare il primo avanti di tre trimestri almeno. Quindi per ora tira aria di calma apparente, si potrebbe galleggiare in un range del 10% tra minimi e massimi degli azionari da qui a fine anno, mentre è diventato quasi tabù fare preventivi sull’obbligazionario, eppure questi rendimenti sono molto allettanti, indipendentemente dalle più svariate elucubrazioni, specie le durate brevi, per un rendimento simile bisogna andare indietro di almeno 10 anni.
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