Effetti dell’inflazione sugli asset d’investimento
Consuntivo settimanale negativo a Piazza Affari, complice fra l’altro lo stacco dividendi, accusa un complessivo -2,93% oltre a trascinare temporaneamente il MIB40 ai minimi infrasettimanali (26.250) per poi ridimensionare le perdite di due punti percentuali nell’ultima ottava con un colpo di coda significativo. Balza all’occhio come l’A/D line (Advance-Decline line) cioè il rapporto tra i titoli con chiusura positiva e negativa, abbia avuto una partecipazione quasi totale in negativo, solo Mediobanca (+4,09%) e Poste Italiane (0,12%) positive, il che sta a significare che in termini relativi possa essere stato fatto uno switch settoriale da un comparto all’altro in funzione di differenti aspettative degli investitori.
Basti guardare oltreoceano l’evidenza tra il Russel 2000, l’indice delle società a media capitalizzazione, peraltro più rappresentativo dell’economia reale, e il Nasdaq che ancor più accentua le differenze rispetto all’importante SP500. Delle due l’una: o c’è una distorsione di forza relativa troppo sbilanciata verso le tecnologie ed i titoli cosiddetti “growth” ad alto potenziale di crescita rispetto a quelli “value”, ciclici più penalizzati in fase pre-recessiva, oppure c’è un errore di fondo nelle aspettative degli effetti inflattivi sulle economie prossime future. I tassi al rialzo dovrebbero penalizzare i titoli growth e viceversa, e questo già non giustifica i massimi di periodo di diversi indici azionari globali, oltre al fatto che il dominio per capitalizzazione sia concentrato in cinque o sette Megacap (solo loro rappresentano largo circa il 50% dei rispettivi indici americani). Si aggiunga inoltre un’ulteriore distorsione dovuta agli Etf (Excange traded fund) cioè i fondi d’investimento quotati che alimentano ancora di più la concentrazione dei capitali raccolti dagli investitori, dato che sono obbligati a convogliare gli acquisti nelle solite poche società che monopolizzano i settori.
Pertanto, si deduce l’influenza che l’inflazione ha sull’approccio degli investitori che, nonostante l’attuale rendimento investendo in obbligazioni, siano propensi a rimanere ancorati e fiduciosi agli asset rischiosi per compensare l’erosione del potere d’acquisto. In conclusione, si potrebbe dedurre che la narrativa delle banche centrali e delle grosse istituzioni in genere, abbia finora mancato l’obiettivo e per una volta tanto l’investitore sia stato più lungimirante nel cogliere la migliore strategia di difesa: lunghi di azionario per difendersi dal carovita!
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